Estratto da ‘ Marketing 2.0 e social media, nuovi strumenti e strategie per il consenso politico’ di Alberto Siculella.
Comunicazione politica: dalle origini alla propaganda, i primi passi del comunicare per avere consenso.
Comunicazione politica concettualmente nasce con l’idea stessa di politica, comunicare significa fare politica, fare politica significa comunicare. Dall’età greca, nella quale si colloca la nascita del concetto di politica, derivante dal termine πόλις, città, assistiamo nel corso dei secoli ad un continuo sviluppo in parallelo dei concetti di politica e comunicazione. Indissolubilmente legata da un rapporto interdipendente, la comunicazione è l’anima della politica, con essa si coltivano relazioni istituzionali, si fondano le basi per il coinvolgimento della cittadinanza e si cerca il voto, dunque il consenso, tradotto in scelta, nomina, elezione. I greci, per i quali la politica doveva essere e rappresentare la soluzione alla gestione delle città, già discutevano sulle armi di “persuasione” capaci di attirare il consenso, per assegnare, agli eletti, il potere di legiferare, amministrare e governare la collettività.Fu Aristotele il primo a scrivere di “retorica” nella sua opera ad essa dedicata. Retorica intesa come capacità di persuadere l’uditore. Opera, quella di Aristotele, che segna un percorso di studi, lungo, intenso, che proporrà un’evoluzione incessante e vedrà nel lavoro del filosofo greco, discepolo di Platone, la base più importante degli studi di comunicazione, associati al consenso politico.
La cultura greca e quella romana entrano in contatto nel primo secolo a.C. influenzandosi a vicenda. La retorica si modella su nuove basi e concezioni; le piazze, il contatto diretto e nuovi modelli di gestione della “cosa pubblica” inducono a concentrarsi sull’oratoria, cioè l’arte del parlare in pubblico. Valida per il “cursus honorum” l’oratoria latina, di cui uno dei maggiori esponenti fu Marco Tullio Cicerone, venne politicamente messa alla prova, nei discorsi pronunciati presso il Senato. Cicerone oltre a sostenere che la comunicazione debba: probare, delectare, flectere, fu il primo ad utilizzare la tecnica associativa, cioè procedere nell’orazione, associando agli argomenti un luogo che conosceva, in modo da scomporre in modo ordinato i temi, ricordarli ed enunciarli in maniera sistematica tenendo a memoria l’intero discorso.
Per tutto il medioevo nel rapporto tra politica e comunicazione subentra una variabile non da poco: la Chiesa. Appare dunque fondamentale considerare l’operato politico come filo diretto con il volere di Dio, la comunicazione vincente è quella che fa appello a quest’ultimo. Superando il medioevo appare una frattura evidenziata da Machiavelli, la cui opera di straordinaria portata storica e sociale, “il Principe”, slega l’operato politico da una visione divina.“Auctoritas, non veritas, facit legem, veritas non auctoritas facit jus” espressione de “Il Leviatano” di Thomas Hobbes, esprime il concetto per cui esiste una ragione di Stato, esiste un’autorità prevalente che fa le leggi in nome della stessa autorità.
Arrivando ai tempi più recenti, il dibattito ottocentesco si polarizza su due versanti ben diversi: la visione liberale e quella socialista. Di questo periodo sono eccelsi elaborati come “Ricchezza delle nazioni” di Adam Smith e “l’individuo e lo Stato” di Spencer. Le forme di governo, gli schemi macro economici, i sistemi sovranazionali iniziano ad avere concretezza in un contesto molto dinamico e ricco di svolte epocali, come le rivoluzioni industriali, che ci portano nel ‘900. In questo secolo la politica, segnata dalla ricerca ossessiva della realizzazione di nazionalismi, adotta una comunicazione basata sulla propaganda di regime. Mimica e toni solenni, parole scandite e semplici, oratore posizionato in alto rispetto alle folle e parole chiave all’insegna dell’appartenenza nazionale, che tocca le corde del patriottismo e del riguardo verso lo Stato.
Dopo questo excursus storico, possiamo sostenere che la politica, mediante le arti oratorie, ha sempre visto nella comunicazione la possibilità di attirare il consenso, valido per governare. Ciò si traduce più facilmente con il termine propaganda, che Treccani spiega essere: “ azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta (…) al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto”. Viene spiegato in oltre che la propaganda “ utilizza tecniche comunicative che richiedono competenze professionali e accesso ai mezzi di comunicazione, specialmente ai mass media”.E’ dunque chiaro che la comunicazione, dalle forme di pubblicità commerciale, alla propaganda, passando per la comunicazione politica e tutte le altre forme di comunicazione, serva per tanti scopi.
Quando l’obiettivo è il consenso, ad acquistare tanto quanto a votare, la comunicazione è di tipo persuasivo.
La comunicazione politica in tal senso può essere osservata già nei suoi primi passi tramite il concetto di propaganda.
Nel 1950, Jean-Marie Domenach, scrive il testo “La propaganda politica”, nel quale, in poco più di cento pagine, oltre a trattare degli esempi, elenca delle regole generali, che appaiono più attuali che mai:
- Regola di semplificazione e nemico unico
- Regola dell’esagerazione e della deformazione
- Regola dell’orchestrazione
- Regola della trasfusione
- Regola di unanimità e contagio
Il giornalista francese ci consegna dunque una propaganda basata su una comunicazione semplice, definita in pochi punti con un nemico unico, per far si che ci sia sempre un duello, una partita tra una parte a cui ci si aggrappa e l’altra che si odia. Una notizia esagerata entra più facilmente nella mente delle persone, la sua deformazione quindi la possibilità di offrire una realtà distorta non è un rischio ma un’opportunità. L’orchestrazione invece è un processo che si basa sulla ripetizione continua e sul coinvolgimento intorno a questa ripetizione di tutti gli attori coinvolgibili. A tal proposito, Joseph Goebbels, ministro della propaganda del terzo reich, scrisse “La Chiesa cattolica resiste perché ripete le stesse cose da duemila anni. Lo Stato nazionalsocialista dovrà fare altrettanto”. Il concetto di trasfusione poi, segue la regola per cui non si possa fare propaganda, costruire un percorso, dare valore alla propria tesi partendo dal nulla. Infine unanimità e contagio sono regole complementari, secondo le quali, dare l’impressione di unanimità rende ulteriormente estendibile per contagio l’opinione.
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