Dal 32 al 12%, venti punti percentuali in meno di consenso in 4 anni. E’ il costo in termini di elettorato per il Movimento 5 Stelle, che in questa legislatura ha partecipato alla nascita di ben 3 Governi differenti.
Certo, non il periodo più fortunato della storia per essere al Governo, e a dirla tutta, anche i detrattori, dovranno ammettere che per essere la prima esperienza, in un contesto di Papete prima, pandemia poi, guerra dopo, sono stati più capaci di quanto non si cercasse di descrivere.
Se il consenso è il polso della politica, non ci si può non interrogare sul tracollo 5 Stelle.
Partiamo da una considerazione.
In politica la comunicazione è fondamentale, e se prima la Lega, poi il PD, affiancandosi al Movimento, sono riusciti per osmosi ad erodere l’elettorato 5 stelle e portarlo dalla loro parte, significa che l’identità costruita intorno al progetto politico, i toni, il frame, lo storytelling, non erano sufficientemente delineati.
Al netto di contraddizioni, errori politici, e valutazioni soggettive che spettano ad ogni elettore, il Movimento 5 Stelle ora si trova davanti ad una scelta forzata, ovvero quella di ritornare sul posizionamento di partenza. Riappariranno termini e temi “populisti” che ricalcheranno l’agenda politica. La lotta al mainstream e alle rappresentazioni giornalistiche. Si farà più forte la dialettica basata sulle priorità degli italiani, sulla lotta ai privilegi, torneranno le campagne sui tagli a stipendi, restituzioni e l’oppisizione alla “vecchia politica”.
Già in questi giorni, assistiamo ad un cambio repentino nei toni e nei modi di Giuseppe Conte, che neanche davanti ai peggiori giorni da capo del Governo aveva mai perso le staffe, alzando i toni o la voce. Oggi invece il cambio strategico netto. Più social, dirette Instagram, tono incalzante, volume più alto, mimica e gestualità più aspra e dura, pugni sul tavolo e parole chiave ripetute per rafforzare il senso di comunità originaria, post ideologica, digitale, green, pacifista e innovativa: progressista.
Insomma un ritorno alle origini? Non proprio, sarebbe poco credibile, ma sicuramente un tentativo di riposizionarsi in un’area meno affollata, distintiva del Movimento, che potrebbe portare nel giro di un semestre il Movimento a riposizionarsi tra il 15 ed il 17% prima della tornata elettorale e referendaria di giugno.
Conte gode di stima e consenso come leader, forzare la mano nel riposizionamento, potrebbe risultare poco credibile. I mesi di novembre e dicembre si mostreranno decisivi per il Movimento 5 Stelle, per determinare le scelte e le strategie in vista delle politiche 2023.