Overtourism, minaccia o indice di successo turistico ?

Overtourism cosa significa e perché fare particolare attenzione.

L’overtourism è uno dei dibattiti più accesi tra gli addetti al settore turistico e non solo.

Una premessa: chiunque asserisca che il turismo in Italia è in crisi sbaglia di grosso. I numeri confortano una crescita dei flussi, pertanto parlare di crisi è assolutamente errato. Ad essere in crisi è il sistema organizzativo dei flussi turistici ed il management nazionale e locale del turismo. Infatti se da un lato la statistica quantitativa mostra un segno positivo, quella qualitativa resta immobile. Le ricadute di un turismo concentrato sono di gran lunga inferiori ad un turismo continuativo. Nonostante aumentino i turisti, bisogna sempre considerare i costi e i danni di un turismo da calca. Ne è l’esempio la Spagna che, avendo un minor numero di turisti in incoming, ha doppiato letteralmente l’Italia in introiti: 80 miliardi di euro contro i nostri 42.

Ma partiamo col dare una definizione di overtourism. Si parla di overtourism quando la domanda eccede l’offerta organizzata. Ovvero quando in un determinato periodo, in una determinata meta, il flusso turistico supera la capacità massima di un territorio. Gli aspetti maggiormente critici sono: la mobilità, lo smaltimento rifiuti, l’accesso alla rete telefonica o dati, fino ad arrivare alle meno sofisticate ma non per questo meno difficoltose irreperibilità di prodotti e servizi, tavoli ai ristoranti, strutture ricettive, auto, moto e bici a noleggio.overtourism

Si può dunque parlare di un fenomeno fortemente negativo. Seppur indice di una salute quantitativa del turismo, la cattiva ottimizzazione ed il mancato bilanciamento di domanda e offerta, inducono a rendere meno remunerativo il business (al contrario di quanto si pensi), più difficoltoso ed esasperatamente concentrato.

Vale la pena soffermarsi su un punto. L’overtourism è la conseguenza, non la causa. Come si verifica allora un eccesso di turismo, e perché invece di apparire un segnale di salute del settore, è una piaga?

L’overtourism si verifica per più fattori. Un macro fattore riguarda la mobilità mondiale. Sempre più persone si spostano in un mondo che demograficamente continua a procedere nella dimensione di sovraffollamento. L’Europa segnala trend molto forti in incoming e le mete principali come Parigi, Barcellona, Venezia, sono quasi al collasso.

L’eccesso di turismo indica anche un cattivo stato dell’organizzazione infrastrutturale. Poche e concentrate infrastrutture. Ne è l’esempio lampante l’Italia, dove il turismo si concentra per circa il 50% in 5 Regioni. Il sud, in cui il turismo dovrebbe essere il volano dell’economia, raccoglie poco o nulla, con un turismo prettamente stagionale e scarsamente internazionale. Pochi aeroporti internazionali e tutti concentrati in meno di cinque città. Luoghi simbolo privi di stazioni, traghetti solo in alta stagione, mancata rete stradale o autostradale, rappresentano alcune delle principali criticità infrastrutturali.

Ma non è solo una questione di logistica. Altre zone più remote del mondo riescono a sopperire a questi fattori, promuovendo un turismo organizzato e non subito. L’overtoursim perciò nasce anche dalla mancata capacità di mettere in sinergia dei territori, creare alleanze strategiche con delle possibili mete partner. Nasce dal mancato approccio al destination management, alla cultura di pianificazione di mete e pacchetti turistici. Nasce dal mancato investimento in internazionalizzazione, partendo dal personale e dalla sua incapacità di parlare più lingue, passando alla mancata disintermediazione dai canali di booking, la scarsa digitalizzazione della comunicazione del territorio e dei suoi operatori, per finire al buon senso che imporrebbe un tentativo di non lavorare il minimo possibile per guadagnare il massimo ricavabile, quando ciò significhi mettere a repentaglio la sicurezza, la legalità ed il rispetto del territorio.

Il numero chiuso ed i tornelli appaiono misure palliative a fronte di una diagnostica improvvisata. Meglio sarebbe iniziare un processo di governance del turismo, creando cabine di regia adatte a prevedere i flussi, formare ed informare il territorio. Realizzare un lavoro da tour operator, all’interno della amministrazioni pubbliche, in sinergia con i privati, dettagliando un’offerta destagionalizzata, in base alle peculiarità degli attori turistici in campo. Definire delle strategie di marketing per implementare, sviluppare, specializzare o diversificare l’offerta. Formare gli operatori e le loro risorse all’accoglienza, all’ospitalità, all’utilizzo delle lingue e delle tecnologie digitali.

Insomma non tutti i mali vengono a nuocere e l’overtourism, attuale congestione di un paziente gravemente malato, può rappresentare la migliore opportunità per immunizzare il territorio e renderlo più solido di prima.

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