Vittorio Sgarbi, se questo è il “rinascimento”

Rinascimento? Ne avremmo tutti bisogno, ma se è questo il movimento di Vittorio Sgarbi meglio starne alla larga.

Ne avremmo davvero necessità di conoscere una fase storica di “rinascimento”. Ma ci si mette poco a capire che il movimento di Sgarbi è altro. Non serviva certo questa sferzata di volgarità per imbastardire il clima, per avvelenare i toni. Non serviva questo all’Italia; una vera ciliegina sulla torta. Un critico d’arte che diventa arte della critica, e magari fosse solo critica. Ci mancava sapere che un uomo laureato in filosofia, sempre più vicino ai 70 anni, avesse bisogno di ritagliarsi un’identità volgare, di imprimere toni isterici ad ogni sua uscita in pubblico. E’ così, lo è sempre stato, ma con l’andare del tempo e dell’età ha capito che per vendersi, per essere virale sul web, serviva dare ciò che all’italiano da sempre piace: volgarità. Senza veli ne peli sulla lingua, così come è.

Nudo, a volte troppo, che schifo. Crudo, ancor di più se un “capra” non basta.

E’ il segno di un Paese che non riesce a dare valore alla sua bellezza, alla sua arte, alla sua cultura, altro che rinascimento. Diventato un brand,  un simbolo di un’Italia collassata nel degrado delle opinioni, di un’educazione e di un rispetto che va al diavolo. Serviva proprio lui a capire che anche l’arte si è fatta da parte. Avevamo davvero bisogno che un uomo di cultura, un filosofo, nonché critico d’arte, potesse annullarsi davanti alla necessità di vendersi. Lo fa bene, lo fa alla grande. Cura i suoi contenuti con costante e coerente volgarità, si fa riprendere in bagno, mentre sproloquia, insulta. Ci voleva proprio lui ad abbattere il muro di quel superfluo ed ipocrita tentativo di mantenere dogane, argini, alla retorica di un quotidiano scivolamento in basso. Ecco fatto,  sdoganato. Da oggi anche un uomo dotato di cultura, competenze e talento può rientrare in una mediocre banalità. Alla ricerca di un like, di un’ospitata televisiva.

Che sia la figlia di Gino Strada, o l’Ambra Angiolini della politica (cit. su Di Maio), ha capito come piazzare le notizie, come generare curiosità, click, audience, like. Ossessionato e narcisista, poco importa se è Virginia Raggi o Laura Boldrini, i toni sono toni e vanno mantenuti alla bassezza giusta. Ha venduto, anzi svenduto i tuoi talenti ad una ricerca spudorata, dissennata ed innaturale, di consenso.

Si è posizionato bene, benissimo, ed è subito un successo sui social. Meglio dei leader politici. Odia il populismo, ma ne incarna quello becero. Parla di bellezza, ma sovente la sfregia con tutto il suo carico di volgarità. Serviva davvero Vittorio Sgarbi a capire che questo Paese si è dimenticato della sua bellezza. Servivano questi “Sgarbi quotidiani” per comprendere che se il Rinascimento è nelle sue mani, meglio tornare al Medioevo.

Foto tristemente tratte dalla pagina Facebook di Vittorio Sgarbi
Logo “Rinascimento” tratto dal sito del movimento.
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